Dal 15 gennaio è inspiegabilmente svanita nel nulla la Beall’s list, lista che raccoglie un elenco di predatory publisher (editori “predatori” che cercano di sfruttare il movimento Open Access per i propri interessi economici, richiedendo agli autori dei contributi scientifici una tariffa per pubblicare, senza però effettuare una rigorosa peer review), e di cui era recentemente stato pubblicato l’aggiornamento relativo al 2017.
La lista era gestita da Jeffrey Beall, bibliotecario alla University of Colorado, e pubblicata sul suo blog Scholarly Open Access: critical analysis of scholarly open-access publishing.
I contenuti del sito sono stati sostituiti dalla frase “This service is no longer available”, analogamente, il profilo su Facebook del sito riporta “Spiacenti, questo contenuto non è al momento disponibile” e la pagina personale del bibliotecario è stata chiusa. La lista, negli anni, era divenuta un punto di riferimento e Beall aveva ricevuto lodi per aver sottolineato il problema degli editori “predatori” ma anche molte critiche da parte del movimento Open Access per essere stato, in molti casi, ambiguo e non aver sufficientemente chiarito che i predatory publisher non hanno nulla in comune con l’open access, se non il fatto di averlo sfruttato per i propri interessi.
In Rete, soprattutto su Twitter, si sono fatte varie ipotesi, tra cui il fatto che il sito fosse stato hackerato o che fosse stato chiuso a seguito di una causa legale da parte di qualche rivista/editore incluso nella lista. In seguito, l’università dove lavora Beall ha dichiarato ufficialmente che la chiusura del sito è stata decisa volontariamente dal bibliotecario, che si dedicherà in futuro ad altre aree di ricerca, e che appoggia in pieno tale decisione.
Al momento non si conoscono le ragioni di tale scelta e Beall non ha ancora ha risposto ufficialmente a chi ha chiesto spiegazioni.
Per chi volesse consultare una copia del sito, può trovarla su Internet Archive
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