E’ stato pubblicato da Figshare a fine novembre il rapporto annuale The State of Open Data 2021, nato nel 2016 per esaminare le attitudini e le esperienze dei ricercatori nei riguardi della condivisione dei dati della ricerca.
Quest’anno si è partiti da una riflessione: nonostante il numero crescente di politiche sulla condivisione dei dati da parte di editori, enti finanziatori ed istituzioni, e i significativi miglioramenti all’infrastruttura tecnica necessaria per supportare la condivisione dei dati (si pensi, ad esempio, alla European Open Science Cloud – EOSC), come mai ancora adesso nella maggior parte delle riviste si legge che i “dati sono disponibili su richiesta” e perché ancora molti ricercatori esitano a condividere i dati e renderli FAIR?
Le motivazioni sono complesse e, per darne una panoramica, il rapporto di quest’anno si basa sul confronto delle risposte date dai ricercatori ai vari quesiti durante questi sei anni (più di 21.000 risposte provenienti da ricercatori di 192 paesi diversi).
La cosa più sorprendente che emerge dalle risposte è che, mentre la consapevolezza da parte dei ricercatori delle problematiche relative alla condivisione dei dati e dei principi FAIR è aumentata con gli anni, è aumentata di pari passo anche la loro resistenza nel condividere i propri dati a causa di varie preoccupazioni tra cui il timore di un uso improprio dei dati, di non ricevere credito o riconoscimento, o dubbi sul copyright e le licenze d’uso.
Il rapporto di quest’anno ha al suo interno anche una raccolta di testi che discutono le sfide e le soluzioni relative a questo aspetto del panorama della ricerca, come, ad esempio, il ruolo del data curator o suggerimenti per coinvolgere i ricercatori nella condivisione dei dati.