Negli ultimi tempi si sta discutendo molto sulla questione della pubblicazione di ricerche
con risultati negativi. Si comincia a sottolineare che questo tipo di pubblicazioni possono beneficiare l’intera comunità scientifica sia perché possono evitare la ripetizione degli stessi esperimenti, con conseguente recupero di tempo e risorse, sia perché anche gli articoli con conclusioni negative possono essere stati condotti in modo rigoroso ed esaustivo ed essere utili per ulteriori ricerche.
Senza entrare nel merito del problema dei risultati delle sperimentazioni cliniche, le motivazioni per cui gli articoli con risultati negativi sono molto pochi sono varie: da una parte ci sono i ricercatori che, in molti casi, sono restii a pubblicare lavori con risultati negativi per non rovinare la propria reputazione, dall’altra sono gli editori che spesso si rifiutano di pubblicare questo tipo di articoli (la cosiddetta publication bias) perché questi lavori hanno un impatto minore.
Ultimamente alcuni editori hanno cominciato ad incoraggiare gli autori a presentare articoli con risultati negativi: tra le riviste che pubblicano esclusivamente articoli di
questo tipo ci sono Journal of Negative Results in Biomedicine di BMC e New Negatives in Plant Science di Elsevier.
Segnaliamo anche la rivista online Faculty 1000 Research che, nell’estate del 2013 ha anche lanciato un’iniziativa con la quale si impegnava a non fare pagare i costi di pubblicazione agli autori che inviavano manoscritti con risultati negativi e l’editore PLoS che ha appena creato una nuova collezione, chiamata Missing Pieces, nella quale intende raccogliere tutti i lavori pubblicati su PLoS ONE che presentano risultati negativi.