Open is not forever

Riprendiamo il nostro appuntamento settimanale segnalando un interessante articolo di J. Brainard Dozens of scientific journals have vanished from the internet, and no one preserved them, recentemente pubblicato su Science. 

L’autore affronta un tema tanto importante quanto poco trattato: la scomparsa dalla rete di riviste ad accesso aperto pubblicate solo online (quando gli editori hanno smesso di mantenerle). In particolare l’articolo, che prende spunto dal preprint Open is not forever di M. Laakso e L Matthias pubblicato su Arxiv, parla di 84 riviste di ambito scientifico, svanite dalla rete negli ultimi due decenni e di altre 900 riviste a rischio di scomparsa in quanto inattive. Circa la metà di queste riviste erano pubblicate da istituti di ricerca o società accademiche.

Questi numeri, di per sé spaventosi, nascono dalla constatazione che in media le riviste scomparse hanno funzionato per circa 10 anni prima di svanire. Lo studio evidenzia la necessità di garantire la conservazione degli articoli accademici ma c’è poco consenso su chi debba essere il responsabile ultimo della conservazione digitale delle riviste OA, se gli editori, gli autori, le biblioteche o le università. Una risposta in questo senso arriva da Plan S, che dal 2021 prevede che gli enti finanziatori richiedano che le riviste dove vengono pubblicati i risultati delle ricerche aderiscano a piani di conservazione a lungo termine come CLOCKSS.

Nel complesso, ad oggi, circa un terzo delle riviste indicizzate nella Directory of Open Access Journals (DOAJ) garantisce la conservazione a lungo termine del loro contenuto.

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